martedì 10 luglio 2012

Blu - un mio racconto di SF sulla rivista di fantascienza

Dal terrazzo di casa il Punto è solo una distesa di blu circondata dalle navi.

Il mare, il cielo e tutto il resto.

Cerco di individuare Andrea, ma non ci riesco. Il sole è ancora alto e mi abbaglia, nonostante gli occhiali scuri.

— Lo vedi? — mi domanda Valeria con una sfumatura di comando. È il suo modo di parlare, non può farci niente. Le cose devono andare come dice lei altrimenti si innervosisce.

— Come non lo vedi? Tu lo devi vedere — insiste.

Niente, solo quella linea vaga all’orizzonte dove i due blu si fondono, come nel disegno di un bambino.

— Tutto qui? — mi aveva detto la maestra quando le avevo mostrato il compito. Formidabile come certi piccoli ricordi restino impressi nella memoria.

— Non le piace? — le avevo risposto con un filo di voce. La temevo.

— Cosa mi deve piacere? Non c’è niente! — aveva urlato indicando il foglio da disegno dipinto di un blu uniforme.

— C’è il cielo, il mare. Dentro ci sono gli uccelli, i pesci.

— Ma non si vedono. È tutto blu, nient’altro.

— Be’, ma neanche al mare i pesci si vedono. Però ci sono, no?

Ero un bambino dotato di troppa fantasia, o di troppo poca: quello era stato il giudizio della maestra, e quattro il voto.

— Allora l’hai visto? — insiste Valeria, aggrappata al mio braccio e con gli gli occhi chiusi. Sembra una cieca.

— Scusa, ma perché non guardi tu?

— Non posso. Tutto quel blu mi mette l’angoscia. Mi sembra di annegarci dentro. Odio il blu.

— Io l’ho sempre amato, invece.

— Lo so — risponde, questa volta con un tono di condanna.

Dov’è Andrea? Dov’è il mio piccolo Blu, come lo chiamo io. Mi emoziono a pensarlo con quel nome, e adesso ancora di più. Valeria invece non ne ha mai voluto sapere: — Blu non è un nome. Lo prenderebbero in giro.



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