lunedì 25 ottobre 2010

Oh Mare nero - articolo pubblicato su Fenera di Ottobre 2010


Oh mare nero


Oh mare nero, oh mare nero, oh mare ne
tu eri chiaro e trasparente come me


Quando, nei primi anni settanta, ascoltavo Lucio Battisti cantare il ritornello de La canzone del sole non capivo bene a quale nero alludesse. Iniziava con la declinazione dei colori dell’adoloscenza: le trecce bionde, gli occhi azzurri e poi... il problema era tutto in quel poi, e non per colpa delle calzette rosse ma a causa dell’inquinamento del mare, del suo intorbidirsi fino a diventare nero petrolio come metafora semplice e immediata della perdita dell’innocenza.


Ma ti ricordi l’acqua verde e noi
le rocce, bianco e il fondo
di che colore sono gli occhi tuoi
se me lo chiedi non rispondo

Così cantava Battisti, con la complicità di un ispirato Mogol, e noi ragazzi, nelle pigre domeniche di austerity, gli facevamo coro accompagnandoci con una chitarra scordata, senza renderci conto dell’epifania tragica di quel motivetto estivo:

Oh mare nero, oh mare nero, oh mare ne
tu eri chiaro e trasparente come me


Oggi, purtroppo, è chiaro a tutti a quale nero porti l'eccesso di bramosia e la mancanza di prudenza nello scavare come talpe il nostro sottosuolo, senza pensare alle conseguenze ultime. Ce l’hanno illustrato in modo apocalittico la BP e i recenti avvenimenti del Golfo del Messico.

Personalmente, cominciai a capire qualcosa di più dei tanti significati che il petrolio ha nella nostra vita frequentando le lezioni del Professor Montanari, docente di Chimica Organica all’Università Statale di Milano. Eravamo verso la metà degli anni settanta e già il mondo aveva sperimentato le prime crisi energetiche e grazie a quello tutti avevano capito quanto fosse centrale il petrolio nella nostra quotidiana esistenza.

- In un secolo stiamo bruciando tutto il patrimonio della chimica organica della Terra! - diceva il Montanari ed era irato mentre raccontava di tutte quelle molecole della storia animale e vegetale, accumulate nei millenni e custodite dalla terra, che venivano bruciate nell’aria e trasformate in gas carbonici e vapori.

Mentre parlava, il Montanari riempiva la lavagna di formule fiorite nella varietà della natura organica, e io immaginavo quel fuoco che bruciava le catene del carbonio per produrre un fumo denso e nero.

- Come se un popolo di invasori analfabeti bruciasse tutte le biblioteche del mondo - continuava, girandosi verso i suoi studenti - non essendo in grado di riconoscere il linguaggio e quindi di capire il valore e la ricchezza della parola scritta dalla storia, e ne vedesse solo l’utilità di combustibile per fiamma.

Sempre nei primi anni settanta c’era chi analfabeta non era proprio, anzi aveva già capito tutto con molti anni di anticipo. Pier Paolo Pasolini rappresentava e rappresenta una coscienza critica che non guarda in faccia nessuno, potere e opposizione del potere, tanto che persino oggi, o forse soprattutto oggi, la sua figura gigantesca rispetto al nanismo culturale e politico imperante stona e ingombra così tanto che quest’anno la triste amministrazione comunale di Milano ha deciso di cancellare uno spettacolo teatrale ispirato a un suo testo poiché ritenuto non educativo per i giovani...

A trentacinque anni dalla sua scomparsa – l’anniversario cade il 2 Novembre – voglio qui ricordarlo scrivendo liberamente della sua opera scritta proprio nei primi anni settanta, ma pubblicata postuma nel 1992 da Einaudi, un tomo di 522 pagine raccolte in una copertina bianca dove compaiono solo i caratteri del titolo e il nome dell’autore:

Pier Paolo Pasolini

Petrolio


Quest’opera incompiuta di Pasolini è una sorta di scartafaccio di appunti manoscritti e dattiloscritti, lettere, disegni, articoli di giornali, estratti da altri libri, destinati, nell’intenzione dell’autore, a completarsi e definirsi in un’opera monumentale che avrebbe occupato il resto della sua vita, della quale fu privato prematuramente nel Novembre del 1975. Iniziato nei primi anni settanta, in piena crisi petrolifera, Petrolio è un testo magmatico, nero, sedimentato a strati, dove coestistono un piano narrativo tradizionale, le indagini giornalistiche sul Potere dei petrolieri, da Mattei, adombrato con il nome di Bonocore, a Cefis che nella finzione letteraria si chiama Troya, i rapporti del Sid circa le collusioni delle sette sorelle del Petrolio col potere politico italiano, un capitolo di cui rimane solo il titolo “Lampi dell’Eni” , forse rubato dopo la sua morte perché contenente le sue indagini sulla morte di Mattei, il ritratto dell’Italia dei primi settanta con gli scontri di piazza tra fascisti e comunisti, la morte di Feltrinelli, lo sberleffo alla cultura dei salotti di sinistra degli anni settanta, il richiamo a opere classiche come gli Argonauti di Apuleio, i Demoni di Dostoesvkij, e molto altro.

Paolo Volponi, nel 1976, riferendosi all'ultimo colloquio avuto con Pier Paolo Pasolini, suo grande amico, racconta: «Una volta mi ha detto: Sto lavorando a un romanzo. Deve essere un lungo romanzo, di almeno duemila pagine. S'intitolerà Petrolio. Ci sono tutti i problemi di questi venti anni della nostra vita italiana politica, amministrativa, della crisi della nostra repubblica: con il petrolio sullo sfondo come grande protagonista della divisione internazionale del lavoro, del mondo del capitale che è quello che determina poi questa crisi, le nostre sofferenze, le nostre immaturità, le nostre debolezze, e insieme le condizioni di sudditanza della nostra borghesia, del nostro presuntuoso neocapitalismo. Ci sarà dentro tutto, e ci saranno vari protagonisti. Ma il protagonista principale sarà un dirigente industriale in crisi".

La vicenda di Carlo Valletti, dirigente dell’Eni e cattolico di sinistra, la cui vita è determinata da una naturale e innocente volontà di potere, ha inizio con uno dei ‘topoi’ narrativi che attraversano il Novecento, a partire da Stevenson in poi: il doppio. In Petrolio, Pasolini mette il suo protagonista di fronte a un lacerante conflitto tra Bene e Male che lo porta a partorire un altro sé, a sdoppiarsi quindi fisicamente in un Carlo esterno, superficiale, buono e sociale e in un Carlo interno, figlio delle viscere e del buio, dominato dalla sua sessualità inappagabile.

Mentre Carlo primo frequenta i salotti buoni della borghesia di sinistra dei Parioli, diventa un personaggio di potere all’interno dell’Eni, scalandone la gerarchia e fa frequenti viaggi di lavoro in Medio Oriente, il suo doppio, in un breve periodo in cui soggiorna nella casa paterna di Torino, ha “... rapporti sessuali completi - e per lo più ripetuti - con sua madre, le sue quattro sorelle, con sua nonna, con un’amica di quest’ultima, con la cameriera di famiglia, con la figlia quattordicenne di costei, con due dozzine di ragazze della stessa età e anche più giovani, con una dozzina di signore dell’entourage di sua madre ...”

I due Carli s’incontrano ogni sera scambiandosi notizie delle reciproche esperienze. In realtà è Carlo secondo che parla, visto che Carlo primo deve essere fatto partecipe delle gioie a cui ha rinunciato. A Carlo secondo bastano le due o tre notizie di carattere sociale che l’altro gli dà per non perdere i contatti con la società, ma già alle prime sillabe del suo interlocutore egli comincia a sbadigliare. Poi, improvvisamente Carlo secondo scompare, muore e il Carlo, riunitosi in un unico corpo, muta più volte di sesso, in un’alternanza legata agli eventi, ripercorrendo anche sul suo corpo alcune delle avventure capitate al defunto Carlo secondo. Come le due metà del personaggio sembrano possedere vite diverse, ma in realtà si scambiano spesso i ruoli e risultano così come una stessa persona, simbolo della contraddittorietà, allo stesso modo, nel romanzo, si uniscono una esasperata esibizione strutturale e modi allegorici da sacra rappresentazione sul fondo di un dramma cosmico. Nel romanzo vi è tutto il mondo contemporaneo, vi è cioè un contributo essenziale che Pasolini offre per la comprensione di ciò che è accaduto nel nostro paese tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta. La crisi italiana e in particolare la degradazione della gioventù viene illustrata in forma allegorica: quindici Gironi e cinque Bolge di un nuovo Inferno, dove si incontrano via via i Modelli ai quali i Nuovi Giovani degli anni settanta, interclassisti e tutti brutti alla stessa maniera (con ridicole capigliature che paiono parrucche posticce, barbe carbonare, borsello, e jeans che mettono in evidenza il sesso) si rivolgono attraverso il Culto dell’Imitazione: il Conformismo, il Perbenismo borghese, la Vigliaccheria, il Narcisismo, il Tenore di vita borghese, l’Edonismo, la Nuova Famiglia del Benessere, il Linguaggio inespressivo.

Ecco quello che infastidisce i pigmei dell’amministrazione comunale di Milano: che qualcuno trentacinque anni fa criticasse apertamente quelli che loro considerano i valori da insegnare ai giovani.

Questa testimonianza che Pasolini ci ha lasciato è la storia del nostro sottosuolo (della Terra, dell’uomo, della società) e di come diventa rilevante rispetto alla superficie. Di come questo rapporto sia radicalmente cambiato con la scoperta dei giacimenti di petrolio e il loro conseguente sfruttamento. Una metafora, forse, ma non solo, se pensiamo alle tante guerre avvenute dal dopoguerra a oggi proprio nelle zone nevralgiche dell’oro nero e alle più recenti catastrofi ambientali nel Golfo del Messico con le relative implicazioni economiche e politiche. Da allora ciò che sta sotto (ciò che non si vede) è più importante, più ricco e più determinante di ciò che sta sopra nei comportamenti individuali, sociali e politici.


Oh mare nero, oh mare nero, oh mare ne
tu eri chiaro e trasparente come me


Come il petrolio, questa testimonianza di Pasolini è una sedimentazione di materiali organici compositi che si sono stratificati in modo apparentemente casuale e disordinato a produrre una sostanza testuale nera, magmatica, puzzolente. Si potrebbe, come si fa con l’oro nero, estrarlo e raffinarlo suddividendolo nelle sue componenti di utilizzo (il romanzo, il saggio, la denuncia, l’articolo giornalistico), ma si tradirebbe l’intento dell’autore che l’ha voluto così e chissà come l’avrebbe poi integrato e modificato.

Egualmente, continuare a rapinare la Terra dei suoi strati intimi e finiti è uno sfruttamento cieco e irresponsabile nelle mani di pochi che si sono arrogati il diritto di farlo per tutti, standosene seduti al sole sul bordo di una piattaforma in esplosione a canticchiare il solito ritornello:


Oh mare nero, oh mare nero, oh mare ne
tu eri chiaro e trasparente come me


Se poi qualcuno chiede ai dirigenti della BP se si ricordino dell’acqua verde, eccoli intonare in coro:


Se me lo chiedi non rispondo!

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